la casa del bambino

un diario manifesto
a castel volturno

la casa del bambino
ass. black and white

Questo manifesto nasce dall’esigenza di fare memoria di ciò che ci ha guidato fi no ad ora. Riflettere sui successi e sui fallimenti ci può dare gli strumenti per comprendere il presente e illuminare di senso il futuro della Casa del Bambino.

presentazione.
alla frontiera

La Casa del Bambino nasce in un territorio di frontiera, dove persone di varia provenienza culturale e sociale convivono, si incontrano e condividono bisogni e speranze. Dove il sopravvivere diventa priorità e l’emergenza una consuetudine. La frontiera può far paura perché è il luogo per eccellenza della discontinuità e della mobilità, del movimento e del passaggio. Ma è anche lo spazio dell’incontro, dello scambio e della realizzazione di relazioni che generano cambiamento. La Casa del Bambino ha assunto su di sé questi valori e queste criticità ed è diventata essa stessa luogo di frontiera, vivendone i limiti e le opportunità.

Dopo un decennio di attività, abbiamo deciso che era giunta l’ora di mettere per iscritto la nostra storia, i valori che suggeriscono il nostro agire e ci spingono a continuare a sognare per costruire insieme una possibilità di crescita umana più giusta e positiva. Questo manifesto vuole essere uno strumento di lavoro, nato dall’esperienza e dalla tenacia di chi crede che è possibile fare cose grandi anche con piccoli mezzi. Il percorso educativo per minori elaborato è frutto dell’esperienza maturata negli anni; esperienza che è passata per alcuni successi ma anche per non pochi fallimenti.

In questo percorso numerosi volontari sostenuti dall’Associazione di Volontariato Black and White hanno camminato con noi, condividendo il nostro impegno e il nostro metodo educativo.

Il manifesto della Casa del Bambino è uno strumento di lavoro da implementare e sperimentare, da sviluppare ed anche da criticare. Fonda le sue radici nella convinzione che per produrre il cambiamento di un territorio “bisogna esserci” e bisogna interagire con la realtà esistente. Tutto ciò richiede la partecipazione, l’autonomia, la valorizzazione delle persone coinvolte senza distinzione alcuna di sesso, provenienza o cultura. Il nostro target sono i minori, la nostra proposta è educativa, le nostre pratiche sono volte a creare opportunità, spazi di incontro, scambio, risposte ai bisogni che

favoriscano una sana crescita umana superando i pregiudizi e la paura dei conflitti.

Attraverso l’azione educativa con i bambini vogliamo riscoprire il valore del territorio di frontiera come luogo di opportunità. La nostra sfida è realizzare quel cambiamento sociale e umano che porti tutti a migliorare la qualità di vita dei singoli e della comunità.

introduzione.
lasciarsi mettere in discussione

Lavorare come operatore sociale signifi ca prima di tutto considerare il territorio nella sua complessità: sia come luogo in cui si generano e si sviluppano i processi di integrazione e di partecipazione sociale, sia come luogo in cui prendono forma, si stabilizzano e si trasformano le varie situazioni di disagio, marginalità, povertà, emarginazione e devianza.

In rapporto alla città di Castel Volturno, questo signifi ca tener in conto la presenza costante della camorra, della diffi cile situazione ambientale e urbana, della presenza massiccia di migranti. Tutti questi aspetti hanno contribuito a scrivere la storia e la geografi a di questo luogo negli ultimi anni.

Presa consapevolezza dello stato di tensione fra la persona e il suo ambiente, la Casa del Bambino attraverso i laboratori per bambini e adulti, l’attività di doposcuola, le manifestazioni pubbliche, ha cercato di incrementare opportunità di conoscenza, confronto e mediazione multietnica.

Nata inizialmente per soddisfare i bisogni “primari” delle famiglie migranti, negli ultimi anni è iniziato un percorso di rifl essione scandito dalle domande di ricerca: non più un semplice doposcuola ma ricerca di una didattica nuova.

Un ulteriore passaggio importante per la crescita della CdB è stato il trasferimento dalla Domitiana a Destra Volturno, da un luogo di transito ad un quartiere. Questa scelta ci permetterà di rafforzare le relazioni costruite negli anni e crearne di nuove. Avere una sede in quel quartiere signifi ca essere nel cuore del problema: soffrire la mancanza di servizi pubblici, vivere nel degrado più totale, subire l’inquinamento ambientale, sentire sulla propria pelle il completo abbandono delle istituzioni.

In un contesto simile appare evidente che un operatore sociale debba essere capace di svolgere la propria mansione con grande professionalità, senza cadere nella solita retorica immobilista del disagio sociale ma invece

sviluppare un legame empatico con il territorio. Dovrà sentirsi parte di quella comunità e insieme creare momenti di aggregazione e riflessione costruttiva. Fare questo signifi ca mettere in discussione le proprie idee nella ricerca continua di una sintesi tra le diverse posizioni. Solo con questo approccio mentale è possibile realizzare l’idea di comunità che noi abbiamo, che insieme lavora per la trasformazione e il cambiamento del territorio.

uno.
il contesto

complessità

Non si può iniziare un’analisi del complesso contesto di Castel Volturno ragionando a compartimenti stagni, come se i disagi e le opportunità che ne nascono - immigrazione, camorra, ambiente, integrazione- interazione, condizioni di lavoro, urbanistica - possano essere scomposti e risolti separatamente. È diffi cile trovare la causa scatenante del degrado. Alcuni vi trovano le origini nel bradisismo di Pozzuoli degli anni ’80, quando gli sfollati sono stati accolti nelle seconde case della riviera Domitia. Altri, tra cui Mario Luise1, sottolineano come a Castel Volturno sia mancata una programmazione capace di gestire la corsa dalle campagne alla costa e come questa mancanza sia stata la causa di un sistema di abusivismo e di clientele, fatto di legami tra Camorra, imprenditori e Stato, che perdura tutt’oggi: il caso della famiglia Coppola è esemplare. Possiamo però dire che Castel Volturno è comunque un non-luogo funzionale al sistema capitalistico, è uno spazio che può essere paragonato alle Bantustaan del Sud Africa dell’apartheid: bacini di forza lavoro a basso prezzo, cloaca della grande industria che vede la possibilità di smaltire rifi uti a basso costo, città invivibile dove è possibile concentrare un numero altissimo di immigrati irregolari, dormitorio per chi non può più permettersi una casa a Napoli o a Caserta: zona grigia dove è diffi cile stabilire con certezza che cosa è la legalità. Nel sistema capitalistico non può non esistere una Castel Volturno che funzioni come valvola di sfogo, di conseguenza la città diventa un’ottima vetrina per le operazioni dello Stato che quando vuole mostrare la sua presenza si inventa il “modello Caserta”2, le associazioni crescono come funghi e non a caso i Missionari Comboniani, che hanno nel loro carisma quello di stare con “i più poveri e abbandonati”, hanno scelto Castel Volturno3.

Castel Volturno è quindi una realtà complessa che come tale non va semplificata ma analizzata. Di seguito si cercherà di dare rilievo alle questioni essenziali e maggiormente problematiche, tentando di evidenziarne le

caratteristiche principali tenendo sempre presente che questi temi non sono tra loro isolati ma vanno tutti compresi partendo dall’idea di Castel Volturno come “cloaca del Sistema”.

Era necessario creare questo degrado per avere una zona franca!

camorra

Castel Volturno non ha una camorra locale ma subisce l’influenza di quella casalese, soprattutto della famiglia Bidognetti. Gigi Di Fiore4 sottolinea anche l’influenza delle famiglie Luise – Morrone, satelliti dei Casalesi. Recentemente, fi noal suo arresto, Peppe Setola ha tentato di affermare il suo dominio sul litorale domitio.

Il business della Camorra su Castel Volturno è legato soprattutto ai rifi uti e il paese diventa luogo di nascondiglio per latitanti e bacino di manovalanza per azioni criminali.

Oreste Spagnuolo5, pentito di Camorra, afferma che tutto il litorale domitio paga la tangente a Zagaria ma visto gli imminenti lavori al Villaggio Coppola, Setola e i suoi hanno scatenato la guerra per ritagliarsi una fetta consistente di guadagno.

Il legame tra la Camorra e il Comune - al momento commissariato per infi ltrazioni mafiose - sembra consolidato: sempre Spagnuolo dichiara che Scalzone era un loro “burattino” mentre Nuzzo era facilmente ricattabile.

Sicuramente ci sono rapporti di affari sulla prostituzione e sulla droga tra la Camorra e la Mafia Nigeriana (cfr. Di Fiore, Capacchione6, De Crescenzo). La convivenza chiaramente viene imposta a suon di polvere da sparo: dal 1986 al 1990 ci sono stati 16 tra omicidi e ferimenti di Africani e Albanesi. Il 23 aprile 1990 la prima strage di immigrati, a Pescopagano: 5 morti e 7 feriti, i bersagli dovevano essere alcuni spacciatori Nigeriani e Tanzaniani. Scopo della strage era dare un avvertimento alla Mafi a Nigeriana e farla allontanare dal litorale.

È facile sentire la gente di Castel Volturno lamentarsi per il fatto che il paese non è neanche riuscito ad esprimere una propria famiglia camorrista: è come se la gente si sentisse abbandonata perfi no dalla camorra.

immigrazione

Negli ultimi trent’anni il numero di immigrati presenti sul territorio è aumentato notevolmente e, da luogo di villeggiatura Castel Volturno è passata ad essere una città (insieme a tutta l’area circostante) tra le più sature di manodopera extracomunitaria7.

Non a caso Amato defi nisce la provincia di Caserta è una della provincie più “nere” d’Italia8.

Gli immigrati dell’Africa sub-sahariana costituiscono, infatti, una parte rilevante della popolazione straniera residente a Castel Volturno. Ciò è dato dalla vasta possibilità di occasioni di lavoro temporanee e precarie che l’economia locale offre. Le opportunità di lavoro vengono offerte da chi cerca lavoro a basso costo (lavori in campagna, giardiniere, muratore) che raccolgono i migranti presso i Kalifoo ground9, ossia punti della città dove si incontrano i migranti per lavorare a giornata: 10/12 ore di lavoro nei campi o nei cantieri per 24 euro al giorno.

Nell’area di Castel Volturno i maggiori Kalifoo Ground sono a Giugliano, Licola, Aversa, Villa Literno, Cancello Arnone, Arzano, Pianura, ecc.10

Possiamo quindi affermare che questo comune è un punto di riferimento per gli africani perché permette di vivere in una condizione di “galleggiamento”11, ossia di irregolarità, ma anche di recuperare le reti di connessione con i paesi di partenza.

I primi migranti stranieri arrivarono a Castel Volturno alla fi ne degli anni ottanta, alloggiando in parte di quelle 12mila costruzioni abusive presenti nel Comune. Nate intorno agli anni ’60 come seconde case di napoletani e casertani, queste abitazioni sono state utilizzate negli anni ’80 per dare un tetto ai terremotati dell’Irpinia, di Napoli e successivamente di Pozzuoli. Finita l’emergenza queste case, lasciate in condizioni disastrate, sono state affittate ad immigrati senza regolare contratto.

Ballarini in Immigrazione, la lezione di Castel Volturno (2008), riporta le testimonianze dei primi migranti, i quali hanno raccontato di essere stati accompagnati dalle forze dell’ordine delle varie province del Sud alla stazione ferroviaria più vicina, con il consiglio di andare a Castel Volturno, dove sarebbero stati al sicuro. Là, certamente, c’era un tetto sotto cui dormire.

Poi la voce e il richiamo etnico ha favorito la formazione delle comunità attuali12.

Secondo l’ISTAT, gli stranieri residenti a Castel Volturno al 1° gennaio 2011 sono 2.933 e rappresentano il 12,1% della popolazione residente. Stimare gli irregolari, il dato è allineato al resto dell’Italia.

La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Nigeria con il 35,5% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dal Ghana (10,1%) e dall’Ucraina (7,0%)13.

I settori economici di impiego sono l’artigianato agricoltura, commercio, servizi e l’edilizia.

Prendendo spunto da una defi nizione di Sayad, gli immigrati di Castel Volturno sono visti solo ed esclusivamente come “forza – lavoro provvisoria, temporanea e in transito”14: devono lavorare ma poi devono sparire dagli spazi di vita sociale locale. Danno fastidio ma sono anche quelli che mantengono l’economia locale, in particolare quella degli affi tti, e consentono a molte imprese di sopravvivere grazie al basso costo del lavoro immigrato.

Alain Badiou15 sostiene che l’immigrato è quella persona che mette realmente in crisi i criteri dello stato e delle frontiere ma nello stesso tempo è “pre-politico”. Questo si osserva anche nella vita a Castel Volturno: ci sono luoghi e spazi in un certo senso autogestiti dagli immigrati, con proprie leggi e propri sistemi di soluzione dei problemi ma, nello stesso tempo, manca una organizzazione capace di rivendicare i propri diritti e la propria esistenza. Ciò è dovuto al fatto che ci sono le associazioni, i sindacati e le chiese che si sostituiscono agli immigrati stessi.

La situazione di Castel Volturno, come di altre zone del Paese, dimostra l’incapacità dello Stato italiano di affrontare seriamente il problema della totale assenza di diritti dei migranti, che li rende sfruttabili da ogni punto di vista, trasformandoli in schiavi moderni. In Italia, infatti, la legislazione in materia di immigrazione è particolarmente lacunosa. Questo è dovuto a svariati elementi, sicuramente di rilievo è il ritardo con cui si è preso coscienza della problematica. Basti pensare che la prima legge arriva solo nel 1986 e regolava solo l’ingresso degli immigrati che cercavano un impiego. Questi venivano considerati temporanei e non erano contemplati particolari regole per la convivenza. Negli anni si sono succedute diverse leggi ma nessuno sembra veramente occuparsi del problema. Come afferma Bolaffi in “una politica per gli immigrati”16 gli interventi

sull’immigrazione sono stati poco incisivi, tipici dei cosiddetti governi deboli. Oltre all’accesso allo status giuridico di cittadino, altri ostacoli rischiano di compromettere l’integrazione nel paese ospite, per il fatto che le differenze, somatiche e culturali, continuano spesso a essere percepite, sia a livello individuale, sia a livello generale, come segni di diseguaglianza. La stessa accezione di migrante, allude a una frontiera immateriale che distingue tra “noi” e “loro”, a una posizione a parte nella società e a una precarietà che permane almeno per due generazioni. Basti pensare che si può parlare di “Immigrati di terza” generazione, i quali, seppur a distanza di generazioni, avvertono ancora quel senso di precarietà che l’immigrazione ha innescato.

Alessandro Dal Lago estremizza questo discorso defi nendo i migranti “non persone”17. Sarebbero quindi privi di identità, invisibili, pur essendo rappresentati come una minaccia, come invasori.

genocidio ambientale

È in atto un vero e proprio genocidio ambientale. Il comune di Castel Volturno è l’unico della Campania ad avere avuto, nel 2008, la tipizzazione delle matrici ambientali e le criticità di questo monitoraggio coincidono con i siti indicati dal pentito Di Caterino18. Nel 2006 il rapporto di sintesi dello studio epidemiologico pone Castel Volturno in area di rischio 5, il livello massimo.

Un recente congresso dell’Ordine dei Geologi della Campania tenutosi a Castel Volturno19 ha evidenziato come di fatto le bonifi che siano impossibili proprio per la quantità e la complessità delle sostanze: l’unica soluzione sarebbe quella di fare di questo territorio una zona “no food” e destinare le aree agricole ad altri tipi di economia.

Pietro Comba, responsabile del dipartimento di Epidemiologia Ambientale dell’ISS, riferendosi allo studio “Trattamento dei rifi uti in Campania: impatto sulla salute umana. Correlazione tra rischio ambientale da rifi uti, mortalità e malformazioni congenite”20, che analizza i dati ambientali e le percentuali di mortalità di 196 comuni nelle province di Caserta e Napoli, commissionato dal Dipartimento della Protezione civile e realizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Istituto Superiore di Sanità, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Osservatorio Epidemiologico della Regione Campania e l’Arpa della Campania,

afferma che “lo studio ha rilevato percentuali del 9% in più per gli uomini e del 12% in più per le donne il rischio di morire di tumore e 84% in più la possibilità di far nascere un bambino con malformazioni congenite, se si risiede nei comuni di Acerra, Aversa, Bacoli, Caivano, Castel Volturno, Giugliano in Campania, Marcianise e Villa Literno”21. Oltre a questi otto, anche in altri comuni “della provincia di Napoli e Caserta, esiste in media un incremento del 2% della mortalità ed un eccesso del 4% di malformazioni dell’apparato urogenitale e nervoso per la popolazione residente nelle zone maggiormente interessate da pratiche illegali di smaltimento e incenerimento di rifi uti solidi urbani e pericolosi.”22/23

società civile

A Castel Volturno la prassi consueta è quella di rappresentanza. La società civile corre il rischio di essere un ostacolo più che un enzima di trasformazione e cambiamento.

Le analisi di J. Holloway, M. Neocosmos, A. Badiou, N. Klein hanno evidenziato come la società civile sia sostanzialmente un sistema di riproduzione del potere statale: di fatto, non una spinta emancipatoria dei popoli ma una riproduzione del sistema oppressore-oppresso.

Badiou afferma che la politica comincia quando non si vuole rappresentare le vittime ma quando si rimane al fi anco di quegli eventi in cui le vittime affermano se stesse.

È incoraggiante, in questo ultimo periodo, la nascita di comitati di cittadini che si impegnano nella lotta contro il biocidio.

due.
la casa del bambino

La storia e le persone che hanno contribuito a costruire Casa del Bambino, dal suo inizio ad oggi, sono le radici che hanno permesso lo sviluppo e la crescita di tutto il progetto. Eredità e tesoro da non perdere.

La Casa del Bambino ha risposto concretamente ai bisogni del territorio:

aiutare le mamme immigrate in diffi coltà tutelando i minori da un contesto gravemente degradato;
sostenere gli immigrati nel processo di acquisizione di strumenti culturali, linguistici e di relazione nel rispetto e nella valorizzazione della propria storia, lingua, appartenenza;
favorire un processo dinamico di cambiamento e di confronto che permetta a ciascuno, da un lato, di non essere “ostaggio” delle proprie origini e, dall’altro, di non dover negare riferimenti, differenze, componenti della propria identità per essere accettato e accolto.

ludoteca

Nel Giugno del 2004 p. Giorgio Poletti, missionario comboniano, chiede ad un gruppo di giovani frequentanti un corso di mediazione culturale di unirsi all’ associazione Black and White per iniziare un progetto di accoglienza di minori stranieri, fi gli di donne vittime della tratta. Il progetto prevedeva la creazione di uno spazio dove accogliere dignitosamente i fi gli di queste mamme, che per vari motivi non trovavano il posto nelle scuole pubbliche, e perciò, costretti a restare in casa tutto il giorno accuditi da cosiddette “mamme di comunità”24.

L’inizio uffi ciale delle attività è il 18 ottobre 2004 quando si inaugurò la Casa del Bambino, un luogo che accoglieva bambini dai 18 mesi ai 5 anni di età affi dati ad alcuni volontari. Fin dall’inizio la Casa del Bambino si è strutturata ed organizzata in maniera adeguata per rispondere alle esigenze dei bambini, in età prescolare (dai 3 ai 5 anni) provenienti da diverse regioni

del mondo (Nigeria, Ghana, Liberia, Polonia, Ucraina, Romania). L’obiettivo principale della nascente struttura era quello di offrire un posto dove poter giocare in sicurezza, instaurare relazioni positive con altri bambini e acquisire conoscenza e consapevolezza del proprio Io. I bambini iscritti passarono dai 10-12 degli inizi, fi no ad arrivare a 35 bambini accolti a fi ne luglio dello stesso anno. Anche la composizione umana degli utenti cambiava continuamente: dapprima i bambini fi gli delle donne affi date alla comunità comboniana; attraverso il passaparola all’interno della comunità nigeriana, ci fu un notevole affl usso di bambini provenienti dalla suddetta comunità; successivamente arrivarono i bambini della comunità ucraina e polacca di Castel Volturno.

L’anno successivo p. Giorgio decise di continuare quello che era nato come una “prova”, come un tentativo e che invece si era dimostrato un grande progetto. Riconoscere che tutti i bambini hanno dei diritti a prescindere dalle origini: diritto all’educazione e all’istruzione, diritto alla salute e diritto a vivere dignitosamente, è stato il caposaldo del progetto nascente.

In seguito, fu scelta e ristrutturata secondo le esigenze del progetto la sede storica sita in via Domitiana 561 che, secondo l’idea originaria di P. Giorgio, stava diventando veramente “una creatura di Dio”, perché offriva la possibilità a persone di origini e culture più diverse di avvicinarsi e condividere il medesimo cammino esistenziale.

Negli anni successivi la Casa del Bambino continuava a crescere: sempre più famiglie, italiane e non, vi si rivolgevano, e nel frattempo il servizio diveniva sempre più qualifi cato e attento alle persone, mentre sempre più volontari si avvicinavano al progetto, contribuendo ad arricchirlo di un valore aggiunto, di un’umanità profonda.

punto di partenza e ri-partenza: domanda di ricerca

Con l’esperienza acquisita si è capito che era necessario focalizzare il cammino da fare ponendoci delle domande che hanno costituito la nostra Mappa di Ricerca e che possiamo riassumere nella seguente domanda di ricerca:

“Come la Casa del Bambino può diventare un centro educativo territoriale capace di incidere sui problemi del territorio e realizzare una didattica nuova, attraverso la comunità di educatori-educandi?”

Soprattutto in quest’ultimo anno abbiamo così implementato la Domanda di Ricerca:

I obiettivo: diventare un centro educativo territoriale

  • Insediamento a Destra Volturno
    A luglio 2013 abbiamo deciso di muovere il centro nel quartiere di Destra Volturno. La motivazione principale di questo spostamento è la necessità di essere più incisivi nel processo di trasformazione e di essere inseriti dove la gente vive e non su una strada di passaggio, come è la Domitiana.

  • Carnevale
    Il Carnevale ci ha permesso di essere presenti, con i nostri laboratori, in diverse zone del territorio. Costruire insieme ad altri un carnevale critico si è poi rivelato importante per la creazione di spazi di discussione e confronto. Il fatto stesso di scendere in strada e portare la parata fi no alla piazza del comune rappresenta simbolicamente la voglia di protagonismo e partecipazione.

  • Laboratorio Video
    Durante le attività estive del 2013 il laboratorio video ha dato la possibilità ad alcuni bambini di Destra Volturno di esprimersi. Gli stessi bambini hanno deciso i temi da trattare, li hanno sviluppati e li hanno ripresi con la telecamera. Il prodotto fi nale è stato chiamato “Le città invisibili”: 3 episodi che narrrano la città secondo il loro punto di vista.

  • Incontro con le scuole
    L’incontro con le insegnanti dei bambini che frequentano il Centro è stato importante a diversi livelli. Prima di tutto è stato importante per aprire un canale di comunicazione e quindi costruire una relazione di fi ducia. Secondo, questo incontro ci ha stimolato a rifl ettere sulla relazione tra scuola

e doposcuola favorendo così un confronto metodologico sempre più profondo.

  • Dalla “benefi cenza” alla ricerca di autonomia
    Abbiamo iniziato a vedere che il modello consueto di rispondere immediatamente alle esigenze pratiche era oramai fallimentare. C’è stato un vero e proprio cambio di paradigma dove al centro viene messa la persona e la sua dignità. In questo percorso l’obiettivo è quello di favorire l’autonomia, la capacità cioè di acquisire gli strumenti per non avere più bisogno di associazioni, chiesa e gruppi. Questo processo porta alla costituzione di reti popolari.

  • Da “svantaggiati” a “bambini”
    Un altro cambio di paradigma è stato l’iniziare a vedere che se volevamo veramente essere un centro territoriale volto al cambiamento, era necessario almeno tentare di uscire dal triangolo vittima, carnefi ce, salvatore. Il cambiamento doveva necessariamente passare per l’abbandono di un modello educativo fondato, come ritiene Berne, “sull’idea di essere un Genitore che salva vittime”25.

II obiettivo: trasformare il territorio

  • Ricerca sulla Rivolta del ’69
    Con il gruppo delle medie abbiamo svolto una ricerca storiografi ca sulla rivolta del 1969 a Castel Volturno. Abbiamo incontrato i protagonisti della rivolta, fatto ricerca, e facilitato la discussione all’interno del gruppo.

  • Ripristino della Villetta Comunale
    Da luglio 2012 a luglio 2013 abbiamo cercato di rendere più a misura di bambino la villetta comunale di Destra Volturno. Questo intervento è stato portato avanti attraverso feste, eventi ma soprattutto attraverso una presenza ordinaria che rendesse fruibile il parco a tutta la cittadinanza.

  • Laboratori ed attività di consapevolezza sullo stato del territorio
    Molte delle attività hanno lo scopo di mettere in crisi l’idea dei bambini che Castel Volturno sia un posto “normale”. Abbiamo utilizzato così la letteratura (“Le Città Invisibili”; “Marcovaldo”), le esplorazioni, il gioco, il giornale murale, il video e altri strumenti al fi ne di facilitare la rifl essione e quindi la critica rispetto al territorio.

  • Rugby
    Il rugby è lo sport che più favorisce la crescita personale e la costruzione di un gruppo. I valori che il Rugby propone diventano uno strumento potente nelle mani degli educatori e delle famiglie che si avvicinano a questo sport. Abbiamo così favorito la fondazione della Società Sportiva “Castel Volturno Rugby – I Pirati” che ha partecipato a diversi concentramenti uffi ciali della Federazione Italiana Rugby. Gli allenamenti si svolgono due volte la settimana. Abbiamo aggregato circa 25 bambini.

III obiettivo: nuova didattica

  • Scuola-Laboratorio
    L’idea di fondo è che tutto può diventare didattica: dal Rugby al recupero della villetta, dall’uso di materiali per la costruzione di una maschera di carnevale alla consapevolezza corporea durante un laboratorio.

Stiamo cercando di passare dall’idea di “laboratori” a quella di una vera “scuola laboratorio” dove i bambini hanno la possibilità di sperimentare ed apprendere in situazioni sempre più concrete e vicine alla loro vita.

  • Biblioteca
    Abbiamo costruito una piccola biblioteca per ragazzi. Ogni mese abbiamo presentato un libro collaborando anche con l’associazione “I Piccoli Maestri”26.

  • Giornale Murale
    Redazione del Giornale Murale almeno 4 volte l’anno. Le rubriche venivano scelte dai bambini.

  • Tutoraggio
    Un obiettivo fondamentale è l’autonomia dei bambini. Abbiamo cercato di svilupparla rendendo la presenza dell’adulto sempre meno invasiva e responsabilizzando i bambini più avanti nel gruppo a prendersi cura di quelli che avevano più diffi coltà.

IV obiettivo: costruire la comunità educatori-educandi

  • Eventi e restituzione al territorio
    In occasione di feste interne alla Casa o di eventi in piazza, l’obiettivo è stato quello di coinvolgere nella progettazione e nella implementazione i bambini e i genitori.

  • Incontro e organizzazione delle Mamme della Casa del Bambino
    Da circa un anno prima dell’insediamento a Destra Volturno, si è organizzato un piccolo gruppo di Mamme del quartiere. Questo piccolo gruppo ha prima di tutto avuto lo scopo di incontrarsi e creare legami, in secondo luogo è stato fondamentale per una prima conoscenza del territorio e in ultima analisi è stato necessario per la progettazione comune dei passi necessari per la strutturazione del nuovo centro.
  • Supervisione e Formazione
    I “giovedì del gruppo” sono stati impegnati alternativamente nella supervisione degli operatori e nella formazione e studio.

centro minori

Le attività educative ed il sostegno scolastico della Casa del Bambino stanno diventando oramai una realtà affermata e apprezzata da diversi settori del territorio di Castel Volturno: scuola, istituzioni, altre associazioni e famiglie. Un indicatore potente di questo risultato è la presenza sempre più numerosa di bambini “bianchi”, figli di famiglie italiane, che partecipano alle nostre attività.

genitori 2008-09 2009-10 2010-11 2011-12 2012-13
entrambi immigrati2524232033
entrambi italiani00138
un genitore immigrato01241
TOT2525262742

Questo dato ci fa dire con sempre maggiore sicurezza che stiamo uscendo dal “ghetto” e che riusciamo a comunicare in maniera sempre più decisa la nostra fi losofi a di fondo e cioè che non siamo una scuola speciale per bambini poveri e svantaggiati ma siamo un centro educativo territoriale che ha come obiettivo principale la trasformazione del territorio.

Il metodo educativo utilizzato è quello costruito affrontando problemi che ci hanno spinto verso la rifl essione e la ricalibrazione dei nostri interventi. Questo agire si deve confrontare realisticamente con l’attacco allo stato sociale. In questo contesto trovare risorse per il sociale diventa una sfida sempre più diffi cile27.

La nostra metodologia nasce dalla dialettica tra rifl essione – valori – prassi. Questo ci consente di uscire dalla logica delle “procedure” dove senza considerare la persona si applica ad ogni problema lo stesso cliché di intervento.

È quindi centrale mettere al centro la domanda dell’operatore, la sua curiosità, il suo esserci in senso Heiddegeriano. L’operatore diventa un ricercatore sempre più consapevole mano a mano che si lascia contaminare, che inizia a vedere la realtà in maniera sempre più costruttivista, dove oggetto e soggetto hanno la stessa dignità. È lo stare di fronte a problemi nuovi che ci fa avanzare nella costruzione del nostro modello e che ci rende umili e in continua tensione verso la ricerca di una verità che non si potrà mai possedere totalmente.

La nostra metodologia va quindi inserita all’interno del nostro orizzonte, un orizzonte fatto di valori:

Libertà: intesa come capacità dell’uomo di optare per ciò che ritiene giusto o rifi utarlo.

Consapevolezza: intesa come capacità dell’uomo di diventare oggetto della propria rifl essione, sviluppo cioè dell’autocoscienza e capacità di diventare sempre più complessi.

Intersoggettività: capacità di un IO e di un TU di entrare in relazione nel rispetto delle singole soggettività.

Responsabilità: intesa come l’onere per l’uomo di essere causa della sua storia e delle sue azioni.

Questi valori vanno coniugati nel contesto sociale in cui siamo inseriti. L’idea di Comunità è un’idea che ci orienta e ci guida. Proprio qui dove sembra manchi una trama che tiene insieme le persone è importante creare comunità, tentare cioè di essere alternativi a quella parte di realtà che stiamo in qualche modo contrastando.

I punti centrali del nostro metodo sono:

Sguardo critico sul contesto: sia a livello di macrocontesto (analisi della situazione mondiale, fi nanziaria, economica…) che a livello del microcontesto (analisi della situazione locale) in cui avviene l’azione educativa. A tal fi ne sono necessari alcuni atteggiamenti, primo tra tutti la capacità di essere in ascolto del territorio. Secondo elemento fondamentale è quello di assumere un atteggiamento di ricerca permanente ed il terzo è quello di basarsi su fatti concreti e non su opinioni. Fondamentale è tenere presente la complessità al fi ne di evitare di ridurre la realtà ad una mera riduzione funzionale solo a placare l’ansia dell’operatore.

Riteniamo quindi importante lavorare sui contesti: quello del bambino, della famiglia, quello sociale che infl uenzano maggiormente la vita delle persone.

Esserci nella relazione28: non siamo né idealisti (dove si da preponderanza al solo progetto educativo dell’educatore) né materialisti (dove si da preponderanza ai soli bisogni immediati dell’educando) ma siamo costruttivisti, dove educatore ed educando crescono in una progettualità condivisa che nasce dalla relazione. Assumere questa visione della realtà orienta la prassi educativa del doposcuola. Da una parte c’è l’operatore con tutto se stesso, le sue emozioni, la sua storia, la sua visione del mondo e dall’altra c’è il bambino anch’esso portatore di una visione del mondo e della realtà. È nell’esserci di queste due polarità che si gioca la crescita educativa di entrambi. Stare in relazione vuole dire quindi farsi carico dell’altro ma senza bypassare quello che sono, costruire costantemente una relazione dialettica dove l’altro risuona in me e fa germogliare in me reazioni particolari, permettendo ogni giorno di più di conoscermi e di aumentare la mia complessità.

Centralità della didattica: nel primo periodo della giornata alla Casa del Bambino si svolgono i compiti scolastici. Riteniamo che questa scelta sia fondamentale al fi ne di aiutare in maniera sempre più incisiva la famiglia nella crescita del bambino. Fare didattica vuole dire però sviluppare sempre di più l’autonomia, accompagnarlo cioè di fronte ai problemi che la vita gli pone innanzi lasciando cadere la facile tentazione di risolverglieli. Riteniamo che sia importante aiutare il bambino a sviluppare il pensiero critico e un atteggiamento capace di cercare e trovare le risorse per risolvere il singolo problema. Lo aiutiamo a porsi domande: “come posso fare quando non so una cosa?”; “chi mi può aiutare?”; “quali sono le mie capacità? E che cosa devo ancora imparare?”

Attività esperienziali: le attività esperienziali occupano la seconda parte del pomeriggio alla Casa del Bambino. È in questo luogo e spazio che il bambino impara facendo, mettendo in gioco, non solo la razionalità, ma anche il corpo, la fantasia e le emozioni.

Recupero di spazi: non vogliamo recuperare i bambini dalle strade ma le strade con i bambini. Questo slogan aiuta a comprendere il nostro agire e la nostra

attenzione verso il territorio nello sforzo di riguadagnare spazi pubblici, degradati e semplicemente marginalizzati e farli diventare un Bene Comune a servizio di tutti.

… poi destra volturno, cento passi avanti

Dal documento del Comune di Castel Volturno, Piano Urbanistico Comunale pubblicato nel 2011, apprendiamo che l’area di Destra Volturno (Comune di Castel Volturno) è stata bonifi cata nel 1881 con regio decreto che prevedeva la costruzione di una strada di collegamento tra il fi ume Volturno ed il canale di Bagnara fi no a Mondragone. Questa strada consortile, attualmente Viale Gramsci, divideva in due una vasta zona agricola, la prima verso il mare parallela all’arenile e l’altra verso l’entroterra che, con lo stesso decreto veniva lotizzata con destinazione agricola, dando ogni lotto al capofamiglia delle famiglie della zona per il proprio sostentamento.

Un secondo decreto nel 193129 previde una analoga lottizzazione per la parte a monte della medesima consortile. Allo stato attuale l’intera area di Destra Volturno è caratterizzata da una complessità urbanistica derivante dall’assenza di un piano regolatore edilizio che ha permesso, nel corso degli anni, uno sviluppo edilizio fuori da tutte le regole.

È il fenomeno dell’illegalità diffusa legata al ciclo del cemento, ossia la costruzione di immobili senza autorizzazioni o in aree dichiarate inedifi cabili. In questa area ha raggiunto proporzioni ragguardevoli provocando pesanti conseguenze sullo sviluppo urbanistico, sulla qualità del paesaggio, sull’economia e sulla sicurezza del territorio. L’esplosione risale agli anni Settanta, quando abusivamente venne realizzato un numero impressionante di nuove unità immobiliari. Le seconde case, spesso lasciate vuote o occupate pochi giorni all’anno, invasero la zona di Destra Volturno, sorgendo senza ordine né coerenza, alterando l’ecosistema esistente.

Oggi, venute meno le condizioni per un turismo estivo, a Destra Volturno si vive una realtà sociale caratterizzata da una forte presenza di immigrati (provenienti per la maggioranza dal Ghana, sono comunque presenti anche rom, iraniani e nordafricani) e da una comunità italiana costituita soprattutto dagli sfollati del terremoto di Napoli e del bradisismo di Pozzuoli dagli anni ’80.

Destra Volturno sembra abbandonata dallo stesso Comune, tra le strade si trovano spesso rifi uti, anche ingombranti, a volta anche pericolosi. Non esiste alcun complesso scolastico, l’unico presente è stato chiuso ad ottobre 2011 per mancanza di fondi. Non ci sono luoghi di ritrovo a parte i numerosi bar in zona, non c’è alcuna offerta culturale, aggregativa o ludica per i bambini. Durante l’estate la zona si ravviva un po’ per la presenza dei turisti provenienti soprattutto dal napoletano, creando maggiori diffi coltà di convivenza tra le popolazioni migranti ed autoctone.

In questo contesto ci è sembrato opportuno insediarsi in questo parte del territorio di Castel Volturno. Qui si offrono le condizioni per poter generare quel cambiamento a cui miriamo.

tre.
altre attività

società sportiva: rugby castelvolturno

Nel 2012 è stata costituita la società sportiva “Rugby Castel Volturno” per tentare di offrire occasioni concrete di crescita ai bambini e alle famiglie del territorio. La scelta del rugby per i bambini è connotata da due postulati fondamentali: il valore dello sport in sé, e il riconoscimento della valenza educativa di questo specifi co sport; crediamo cioè che i valori del rugby possano diventare occasione e sfida per i bambini delle periferie.

Tra i tanti valori di questo sport, vorremmo sottolineare quelli che riteniamo importanti nel nostro contesto specifico:

Regole: le numerose regole, e soprattutto la loro scoperta da parte dei bambini, aiutano a passare dal caos all’ordine, dall’impossibilità di giocare al divertimento.

Andare avanti guardando indietro: non si può giocare se non si guarda indietro e, ancor di più, per avanzare è necessario passare la palla a chi sta dietro. Non si può vincere da soli.

Aggressività: il rugby è un gioco aggressivo ma non violento; la rabbia va messa in gioco, va vissuta e non repressa.

Rispetto: il rispetto di se e degli altri è un elemento fondamentale. Una scorrettezza nei confronti dell’avversario è una mancanza di lealtà anche verso la propria squadra.

Terzo Tempo: le ostilità cessano sul campo, la rabbia e l’aggressività si sfogano durante la partita, poi tutto fi nisce e si lascia spazio allo stare insieme.

L’AS Castel Volturno Rugby (i bambini hanno deciso di chiamarsi Pirati) può diventare occasione di crescita per i bambini ma anche di rifl essione e confronto sullo sport nelle periferie.

eventi culturali

Nel corso degli anni sono stati realizzati vari eventi culturali e offerti vari corsi di formazione. La Casa del Bambino è anche un luogo dove si promuove l’incontro delle culture presenti sul territorio. Per costruire un nuovo modello di convivenza umana è necessario conoscersi e dialogare. La Casa del Bambino, in collaborazione con altre associazioni culturali e gruppi etnici di Castel Volturno, favorisce tutte le espressioni artistiche (teatro, danza, musica, cucina, ecc.) per poter mettere in campo eventi che permettano la scoperta, la valorizzazione delle diverse identità culturali al fi ne di far crescere una armoniosa e colorata società del futuro.

I percorsi formativi che la Casa del Bambino organizza tendono a far conoscere il territorio e chiamano l’intera collettività all’impegno concreto per un cambiamento reale. All’interno di questo settore promuoviamo per esempio l’incontro con le scuole e la presentazione di libri che favoriscano l’approfondimento del contesto e la ricerca di domande e risposte che possano spingere gli individui a partecipare attivamente nella costruzione di ponti e vie di incontro e dialogo.

quattro.
parole chiave

formazione

La formazione è uno strumento vitale che aiuta sia a vedere i problemi che a porsi nuove domande. In questa ottica diventano fondamentali lo studio, la relazione con persone più esperte, il contatto con altre esperienze e il confronto all’interno del gruppo degli operatori. La formazione che intendiamo non è solo acquisire nozioni ma è anche un atteggiamento di vita dell’operatore: tutto diventa possibilità di crescita e se condiviso con il gruppo aggiunge nuovi strumenti alla propria “cassetta degli attrezzi”. La formazione può aprire spazi di partecipazione e aggregazione per il territorio.

cambiamento

È la costruzione quotidiana di una prassi e di una comunità alternativa che nasce dal bisogno personale e sociale di contrastare il degrado e la violenza in cui siamo costretti a vivere. La fi nalità della Casa del Bambino è il cambiamento: crediamo infatti che non ci possa essere pedagogia senza un progetto alternativo di società a cui tendere. Trasformare vuol dire fare politica dal basso, rifi utando l’idea di rappresentare le persone, costruendo invece luoghi e tempi dove le persone stesse si possono confrontare e organizzare. Oltre a quanto esposto sopra, gli strumenti privilegiati per il cambiamento sono: rottura dello status quo; recupero degli spazi e restituzione al territorio; il vedere, lo stare e il generare conflitti.

attività

Sono proposte educative attraverso le quali si favorisce la crescita della comunità educandi – educatori. Le attività sono strumenti che stimolano la comunità a un a maggiore comprensione di se stessi e dell’ambiente. Contemporaneamente favoriscono la possibilità di acquisire e consolidare l’apprendimento delle nozioni scolastiche in maniera più naturale e vicina ai bisogni dei bambini. L’attività ordinaria è divisa in due momenti:

lo studio e, in un secondo momento, l’approfondimento attraverso il gioco, i laboratori, recupero degli spazi pubblici. L’attività extra-ordinaria prevede due momenti caratterizzanti: una settimana di vacanze insieme e il rugby.

partecipazione

In riferimento agli operatori, volontari e amici della Casa del Bambino consiste nel prendere atto che tutti possono contribuire allo svolgimento e alla crescita del progetto. Vuole dire vedere i problemi, le diffi coltà e contribuire alla loro risoluzione attraverso il contributo personale in termini di idee, risorse e costruzione di nuovi modelli di intervento. Partecipare richiede un atteggiamento fondamentale che è quello di Esserci, essere presente nel qui ed ora nell’incontro con gli altri, con il mondo, con le cose. Partecipare richiede l’essere aperti per cogliere il sorgere del Nuovo. Come Casa del Bambino nel suo complesso partecipare indica essere presenti nella vita politica e sociale del territorio. Rifi utiamo la rappresentanza dei partiti e della società civile, credendo invece nella costruzione dal basso di reti e organizzazioni popolari che possano trasformare la realtà.

comunità educativa

Gruppo di educatori educandi che lavora per la trasformazione e il cambiamento del territorio. Una buona comunità educativa necessita di una garanzia economica, un’équipe di lavoro stabile e duraturo nel tempo. Questo viene anche costruito attraverso la capacità di procacciarsi risorse, obiettivo diffi cile da raggiungere visto l’attuale attacco allo stato sociale. La comunità educativa osserva, rifl ette e agisce; considera quindi la ricerca elemento essenziale della propria prassi.

bibliografia

Una piccola bibliografi a ragionata per aiutare a comprendere chi sono gli autori che ci continuano a spronare nel cammino…

a) pedagogia

Aldo Capitini, Educazione aperta, La nuova Italia 1968.
Aldo Capitini, Opposizione e liberazione, L’Ancora del Mediterraneo 2003.
Aldo Pettini, Celestin Freinet e le sue tecniche, La Nuova Italia 1968.
Alexander S. Neill, Summerhill, Forum 1969.
Bruna Campolmi; Elettra Carloni, Come si impara a leggere e scrivere, Junior 2010.

Celestin Freinet, L’apprendimento della lingua secondo il metodo naturale, La Nuova Italia 1971.

Celestin Freinet, La scuola dl fare. Principi, metodi e tecniche, Emme 1977.

Celestin Freinet, Le mie tecniche, La Nuova Italia 1969.
Celestin Freinet, Una moderna pedagogia del buon senso, E/O 1997.
Celestin Freinet; Pierre Laguillaumie; Peter Furstenau; Theo Dietrich,
Educazione o condizionamento?, Partisan 1971.

Centro Territoriale Mammut, Come partorire una mammut, Marotta e Cafiero 2011.

Elise e Celestin Freinet, Nascita di una pedagogia popolare, Editori Riuniti 1973.

Emilia Ferreiro; Ana Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti 1985.

Emma Castelnuovo, L’officina matematica, La meridiana 2008.
Francesco De Bartolomeis, Introduzione alla didattica nella scuola attiva, La Nuova Italia 1953.

Francesco Tonucci, I materiali, La linea editrice 1977.
Franco Lorenzoni, Saltatori di muri, Macro 1998.
Giuliano Scabia, Forse un drago nascerà, Emme 1973.

Giuseppe Tamagnini, Didattica Operativa, Junior 2002.
Ivan Illich, Descolarizzare la società, Mimesis 2010.
Janus Korczak, Come amare il bambino, Luni 1996.
Jean Luc Nancy, Il giusto e l’ingiusto, Feltrinelli 2007.
John Dewey, Democrazia ed educazione, Sansoni 2004.
John Dewey, Il mio credo pedagogico, La Nuova Italia 1999.
John Dewey, La ricerca della certezza, La Nuova Italia 1966.
John Dewey, Logica e teoria dell’indagine, Einaudi 1974.
John Dewey, Scuola e società, La Nuova Italia 1998.
John Foster, La scoperta come apprendimento, Emme 1977.
Kurt Lewin, La teoria, la ricerca, l’intervento Il Mulino 2005.
Lorenzo Milani, Esperienze Pastorali, Editrice Fiorentina 1957.
Maria Montessori, Come educare il potenziale umano, Garzanti 2007.
Maria Montessori, Dall’infanzia all’adolescenza, Garzanti 1994
Maria Montessori, Educazione e pace, Garzanti 1953.
Maria Montessori, La scoperta del bambino, Garzanti 2000
Mario Lodi, C’è speanza se questo accade a Vho, Einaudi 1972.
Mario Lodi, Cominciare dal bambino, Einaudi 1977.
Mario Lodi, Il paese sbagliato, Einaudi 2007.
Massimo Grillandi, Il Campo da gioco, A.P.E. Mursia 1974.
Nerina Vretenar, In punta di penna, Junior 2011.
Paul Le Bohec, Il testo libero di matematica, La Nuova Italia, 1995.
Paul Le Bohec, Quando la scuola ti salva, Junior 2011.
Paul Le Bohec; Bruna Campolmi, Leggere e scrivere con il metodo naturale, Junior 2001.

Paulo Freire, La pedagogia degli oppressi, Ega 2002.
Paulo Freire, Pedagogia dell’autonomia, Ega 2002
Roger Cousinet, Un metodo di lavoro libero per gruppi, La Nuova Italia 1952.

Rossella Brodetti; Graziella Conte, Lavorare per l’intercultura, Junior 2010.
Stanislav Dehaene, Il pallino della matematica, Mondadori 2000.
Stefano Laffi (A cura di), Le pratiche dell’inchiesta sociale, Edizioni dell’Asino 2009.

Vittorino Caporale, Freinet, Cacucci Editore, 2011.
Vinicio Ongini, Noi domani, ed. Laterza, 2011
Zygmunt Bauman, Conversazioni sull’educazione, Erickson 2011.

b) politica (dal basso)

Adriano Zamperini, L’Ostracismo, Einaudi 2010.
Alain Badiou, Il Risveglio della storia, Salani 2012.
Alain Badiou, L’Etica, Cronopio 2006.
Alain Badiou, L’ipotesi comunista, Cronopio 2011.
Alain Badiou, Metapolitica, Cronopio 2001.
Alain Badiou, Piccolo pantheon portatile, il Melangolo 2010.
Alain Badiou; Jean-Luc Nancy; Giorgio Agamben; Massimo de Carolis;
Giuseppe Russo; Maurizio Zanardi, Politica, Cronopio 1993.

Albert Camus, Luomo in rivolta, Bompiani 1998.
Antonio Negri; Felix Guattari, Le verità nomadi: per nuovi spazi di libertà, Selene 2007.

Chris Carlsson, Nowtopia, Shake 2009.
Colin Ward, Anarchia come organizzazione, Eleuthera 2010.
Frantz Fanon, I dannati della terra, Einaudi 1970.
Frantz Fanon, Pelle nera Maschere bianche, Marco Tropea 1996.
Frantz Fanon, Scritti politici (Voll. I, II), Derive approdi, 2006.
Gruppo Krisis, Manifesto contro il lavoro, Derive approdi 2003.
Hakim Bey, Zone temporaneamente autonome, Shake 1997.
Jacques Ranciere, Ai bordi del politico, Cronopio 2011.
Jacques Ranciere, Il maestro ignorante, Mimesis 2008.
Jacques Ranciere, L’odio per la democrazia, Cronopio 2007.
John Holloway, Cambiare il mondo senza prendere il potere, Intra Moenia 2004.

John Holloway, Che fi ne ha fatto la lotta di classe?, Manifestolibri 2007.
John Holloway, Crack Capitalism, Derive approdi 2012.
Michael Hardt; Antonio Negri, Comune, Rizzoli 2010.
Naomi Klein, Shock Economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri, Rizzoli 2007.

Nigel Gibson, Fanon. The postcolonial immagination, Polity 2003.
Peter Hallward, Badiou a subject to truth, University of Minnesota press 2003.

Raj Patel, Il valore delle cose, Feltrinelli 2009.
Slavoj Zizek, Contro i diritti umani, Il saggiatore 2005.
Vittorio Sergi, Il vento dal basso. Nel Messico della rivoluzione in corso, Catania 2009.

c) psicologia

Alba Marcoli, Il bambino arrabbiato, Mondadori 2011.
Alba Marcoli, Il bambino perduto e ritrovato, Mondadori 1999.
Albert Ellis, Ragione ed emozione in psicoterapia, Astrolabio 1989.
Alexander Lowen, Il linguaggio del corpo, Astrolabio 2003.
Alexander Lowen, Il Narcisismo, Feltrinelli 2003.
Alexander Lowen, La spiritualità del corpo, Astrolabio 1991.
Alexander Lowen, Paura di Vivere, Astrolabio 1982.
Alice Miller, La chiave accantonata, Garzanti 1993.
Alice Miller, La persecuzione del Bambino, Bollati Boringhieri 2007.
Alice Miller, La rivolta del corpo, Cortina 2005.
Barbara Abdelilah-Bauer, Il bambino bilingue, Cortina 2008.
Beneduce Roberto, Breve dizionario di etnopsichiatria, Carocci 2008 Carl Rogers, Potere personale: la forza interiore e il suo effetto rivoluzionario, Astrolabio 1978.

Daniel Stern, Il mondo Interpersonale del Bambino, Boringhieri 1995.
Donald Winnicot, Gioco e realtà, Armando 2005.
Eric Berne, A che gioco giochiamo, Bompiani 2000.
Eric Berne, Analisi Transazionale e Psicoterapia, Astrolabio 1971.
Erving Goffman, Stigma. L’identità negata, Laterza 1970.
Eugen Fink, Il gioco come simbolo del mondo, Hopeful monster 1960.
Frantz Fanon, Decolonizzare la follia, Ombre corte 2011.
George Downing, Il corpo e la parola, Astrolabio 1995.
Georges Devereux, Saggi di etnopsichiatria generale, Armando 1978.
Giovanna Paesani, Bambini in movimento, La Meridiana 2011.
Giovanni Ariano, Diventare Uomo, Armando 2000.
Giovanni Ariano, Dolore per la crescita, Armando 2005.
Giovanni Ariano, Esercizi di Intersoggettività, Sipintegrazioni 2008.
Giovanni Ariano, Il corpo muto, Sipintegrazioni 2010.
Giovanni Ariano, Integrazione. I volti della psicoterapia, Sipintegrazioni 2007.
Giovanni Ariano, La psicoterapia d’integrazione strutturale, Armando 1997.
Giovanni Ariano, Tecniche ed esperimenti in Psicologia della Gestalt, Sipintegrazioni 2013.

J. & S. Sauvy, Il bambino alla scoperta dello spazio, Einaudi 1993.
Jean Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi 1967.
Karl Popper, Scienza e filosofia, Einaudi 1969.

Lev Vygotskij, Immaginazione e creatività nell’età infantile, Editori riuniti 1986.

Ludwig Biswanger, Per un’antropologia fenomenologica. Saggi e conferenze psichiatriche, Feltrinelli 1989.

Ludwig Biswanger, Sogno ed esistenza, Se 1993.
Margaret Mahler; Fred Pine; Anni Bergman, La Nascita Psicologica Del Bambino, Boringhieri 1978.

Marie R. Moro; uitterie De La Noe; Yoram Mouchenik; Thierry Baubet, Manuale di psichiatria transculturale, Franco Angeli 2004.

Martin Buber, Il principio dialogico ed altri scritti, San Paolo 1993.
Moshe Feldenkrais, La saggezza del corpo, Astrolabio 2011.
Paola D’Ignazi, Ragazzi Migranti, Franco Angeli 2008.

Paola D’Ignazi; Rosella Persi, Migrazione Femminile, Franco Angeli 2004.
Pietro Bria; Emanuele Caroppo, Salute mentale, migrazione e pluralismo culturale, Alpes 2008.

Renate Siebert, Voci e silenzi postcoloniali, Carocci 2012.
Roberto Beneduce, Etnopsichiatria, Carocci 2007.
Ronald Laing, Conversando con i miei bambini, Mondadori 1978.
R. Laing; A. Esterson, Normalità e follia nella famiglia, Einaudi 1970.
Tobie Nathan, Principi di Etnopsicoanalisi, Bollato Boringhieri 1996.

d) rugby & sport

Andrea Pelliccia, Up & Under. Racconti di Rugby, Absolutely Free 2012.
Antonio Falda, Franco come il rugby, Absolutely Free 2013 Claudio Fava, Mar del plata, Add 2013.
Francesco Volpe, Props. Piloni, Absolutely Free 2012.
Giorgio Cimbrico, Gli implaccabili, Absolutely Free 2012.
Ivano Gamelli, Pedagogia del corpo, Cortina 2011.
Jean Le Boulch, Educare con il movimento, Armando 1977.
Leonardo Masini, Il grande libro del rugby, Giunti Junior 2010.
Marco Tilesi, Elogio del Rugby, Castelvecchi 2009.
Maurizio Sibilio, Educatori sportivi, Manna 2003.
Mauro & Mirco Bergamasco, Andare avanti guardando indietro, Ponte alle Grazie 2011.

Tommaso Biccardi, Psicologia per lo sport a Napoli. Soggettività ed intersoggettività nello sport, Coni 2003.

e) castel volturno

AA.VV, Il Casalese, Cento Autori 2011.
AA.VV. Terre e promesse, Gesco 2010.
Adriana Berbardotti (a cura di), Schiavitù emergenti, tratta femminile sul litorale domitio, Ediesse, 2005.

Aldo de Jaco, Inchiesta su un comune meridionale, Editori riuniti 1972.
Alfonso Caprio, Volturnalia, Libro Italiano 2012.
Alfonso Caprio, Castel Volturno, Parresia ed., 1997
Andrea Morniroli, Vite clandestine, Gesco edizioni 2010.
Bernardo Iovene, Campania Infelix, Bur 2008.
Daniele de Crescenzo, Confessioni di un Killer, L’ancora del Mediterraneo 2012.
Franco Nascimbene, Ci precedono nel Regno dei cieli, ed. EMI, 2004
Giampiero Angeli, Veleni nelle terre della camorra, La Scuola di Pitagora 2012.
Gigi Di Fiore, L’impero, Rizzoli 2008.
Giuseppe Ortano; Arturo Letizia; Savino Compagnone, Ingombranti inesistenti presenze. Migranti e salute mentale; Una ricerca sul territorio di Castel Volturno, Città Irene 2008.

Ilaria Urbani, La buona Novella, Guida 2013.
Marco Rovelli, Servi, Feltrinelli 2009.
Mario Luise, Dal Fiume al mare. Un lungo viaggio tra gli spaesati di Castel Volturno, Edizioni scientifi che italiane, 2001.

Pasquale Iorio, Il sud che resiste, Ediesse 2009.
Raffaele Cantone, I gattopardi, Mondadori 2010.
Raffaele Cantone, Solo per giustizia, Mondadori 2008.
Rosaria Capacchione, L’oro della camorra, Bur 2008.
Sergio Nazaro, Castel Volturno. Reportage sulla mafia africana, Einaudi, 2013.

AAVV, Criminal Organization, Prostitution and Territory, CV 1999.

f) antropologia dell’educazione

M. Callari Galli, Per un’educazione all’alterità, in F. Poletti (a cura di), L’educazione interculturale, Firenze, La Nuova Italia, 1992.

D. Demetrio, G. Favaro, Immigrazione e pedagogia interculturale, La Nuova Italia, 2000.

Pietro Rossi, Cultura e antropologia, Einaudi, 1983.

Braccini, B., I giovani di origine africana: integrazione socio-culturale delle seconde generazioni in Italia, L’Harmattan Italia, Torino 2000.

Ambrosini M. e Molina S. (2004), Seconde generazioni. Un’introduzione al futuro dell’immigrazione in Italia, Fondazione Giovanni Agnelli.

Gobbo F., Gomes A.M., a cura di, (2003). Etnografi a nei contesti educativi, Cisu.

g) immigrazione

Antonio Esposito (a cura di), A distanza d’offesa, ad est dell’equatore, 2010.

AA.VV. Dossier: Religioni, dialogo, integrazioni, IDOS 2013.
AA.VV. (Caritas e Migrantes) Dossier Statistico Immigrazione 2012, Idos 2012.

Dionisia Russo Krauss, Geografie dell’immigrazione. Spazi multietnici nelle città: in Italia, Campania, Napoli, Liguori, 2005.

Alessandro Triulzi, Ritorni di memoria nell’italia postcoloniale, Afriche e orienti, 2007 (rivista) Meridione sud e nord del mondo, “dal sud al sud – dinamismi migranti africani”, a cura di Valerio Petrarca, Edizioni scientifi che italiane 2010.

Fabrizio Gatti, Bilal, BUR, 2008.
Gianni Ballarini, Immigrazione, la lezione di Castel Volturno, in “Nigrizia” 2008.

Maurizio Ambrosini, Sociologia delle migrazioni, Bologna, Il Mulino, 2011 Maurizio Ambrosini (a cura di), Governare città plurali, Franco Angeli 2012.

Paolo Borgna, Clandestinità, Laterza, 2011.

note

  1. Mario Luise, Dal fi ume al mare. Un lungo viaggio tra gli spaesati di Castelvolturno, Edizioni Scientifi che Italiane, 2001.
  2. www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/2100_500_ministro/0150_2009_09_18_caserta_bilancio.html;
    http://interno18.it/cronaca/21202/il-modello-caserta-e-unafarsa-il-sindacato-di-polizia-scrive-maroni
  3. Ricordiamo anche Bruno Schettino, arcivescovo di Capua, arcidiocesi a cui Castel Volturno appartiene che è stato fi no alla sua scomparsa (2012) presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes.
  4. Gigi Di Fiore, L’impero. Traffici, storie e segreti dell’occulta e potente mafi a dei Casalesi, Rizzoli, 2008.
  5. Daniela De Crescenzo, Confessioni di un killer. Oreste Spagnuolo: così ho imparato a uccidere, L’ancora del Mediterraneo, 2012.
  6. Rosaria Capacchione, Casalesi: un patto tra casertani e africani, “Il Mattino”, 20–08–2008.
  7. Luigi Riccio, Altre Rosarno: la condizione degli immigrati a Castel Volturno, www.corriereimmigrazione.it, 20–01–2011.
  8. Fabio Amato, Dal sud del Sahara verso il Mediterraneo, un esempio di letteratura transcalare delle migrazioni uffi ciali, in Meridione, Nord e sud del mondo, vol. 2, 2010.
  9. Kalifoo è il termine con il quale gli immigrati vengono etichettati in Libia durante il loro soggiorno di transito verso l’Italia, signifi ca “schiavo a giornata”. Kalifoo Ground, letteralmente “terreno dove trovare i kalifoo”.
  10. http://napoli.repubblica.it/cronaca/2010/09/22/news/gli_invisibili_sfidano_il_caporalato-7306681/
  11. Fabio Amato, Dal sud del Sahara verso il Mediterraneo, un esempio di letteratura transcalare delle migrazioni uffi ciali, in Meridione, Nord e sud del mondo, vol. 2, 2010.
  12. Gianni Ballarini, Immigrazione, la lezione di Castel Volturno, in “Nigrizia”, novembre, n. 11, 2008.
  1. A queste percentuali si deve aggiungere il numero di migranti “irregolari” (senza permesso di soggiorno), diffi cile da stimare.
  2. Abdelmalek Sayad, La doppia assenza, 2002, Cortina Editore. http://fr.wikipedia.org/wiki/Abdelmalek_Sayad
  3. Alain Badiou, Sarkozy: di che cosa è il nome? Cronopio, 2008 (ed. originale: De quoi Sarkozy est-il le nom? Circonstances, 4, Éditions Lignes, 2007). id., Il risveglio della storia. Filosofi a delle nuove rivolte mondiali, Ponte alle Grazie, 2012 (ed. originale: Le réveil de l’histoire, Lignes, 2011).
  4. Guido Bolaffi, Una politica per gli immigrati, il Mulino, 1996.
  5. Alessandro dal Lago, Non persone, Feltrinelli, 2004.
  6. http://espresso.repubblica.it/dettaglio/campania-profondonero/2107997
  7. www.futurogeoscienze.socgeol.it/files/download/Convegni%20e%20Incontri/convegno_internazionale_sin.pdf
  8. www.protezionecivile.gov.it/resources/cms/documents/Studio_di_correlazione.pdf
  9. ibidem.
  10. ibidem.
  11. Nonostante tutte le ricerche scientifi che dimostrino che è in atto un genocidio ambientale del territorio, la Regione Campania nel 2013 ha espresso la volontà di costruire un inceneritore nel territorio giulianese, comune confi nate con Castel Volturno.
  12. Figura di vice-mamma che cura e cresce i fi gli della comunità, di solito rappresentata da una fi gura di rispetto all’interno della comunità di appartenenza per il ruolo e l’impegno che si assume, ma che non è preparata professionalmente e non sempre risponde ai criteri di una buona prassi educativa che favorisca un sano sviluppo psico-fi sico del bambino.
  13. Eric Berne, Analisi transazionale e psicoterapia, Astrolabio 1971.
  14. http://piccolimaestri.com.unita.it/
  15. Il documento Welfare 2012 realizzato dal Centro Mammut e da altre organizzazioni ha ben evidenziato come solo una piccolissima fetta del bilancio italiano venga destinata al sistema degli aiuti direttamente rivolti a migliorare condizioni di povertà ed emarginazione conclamate. L’istituzione di un fondo a questo destinato è avvenuto solo negli anni

    ’90 e la sua programmazione non va oltre l’anno, impedendo così a comuni e altri enti locali di predisporre una programmazione che vada appunto oltre l’anno. Anche per uniformarsi a quelli degli altri Stati, l’Italia ha messo in atto una riforma dello stato sociale soprattutto a partire dagli anni ’90. La pretesa mutazione è stata inserita in un sistema caratterizzato per lo più da servizi di base erogati dal pubblico (e in maniera molto difforme a seconda tra Nord e Sud) e dal supporto di un volontariato non remunerato e militante (religioso, comunista, anarchico o comunque basato su motivazioni e rivolto a fi nalità che avevano radici negli ideali attorno a cui quelle stesse organizzazione cercavano di radunare proseliti). Conseguenza di questa scelta è stata l’esternalizzazione dei servizi al privato sociale che si è trovato, di fatto, a rispondere a logiche di mercato. La riforma dello stato sociale ha altresì acuito la dipendenza assistente – assistito, depauperando i destinatari degli interventi di ogni possibilità di trasformazione reale del contesto e delegando alle grandi organizzazioni l’obiettivo di ogni intervento.

  1. Esserci, termine tedesco Dasein (significa “esistenza, esistere”) usato da Heidegger per indicare il modo di essere proprio dell’uomo. Accentuando il senso letterale proprio della parola, Heidegger dice che il Da-sein, l’esser-ci, è costitutivo dell’uomo perché egli è soltanto in quanto ha un ci, un orizzonte in virtù del quale si rapporta agli altri enti. In questo senso, per Heidegger “l’essenza del Dasein consiste nella sua esistenza” (Essere e tempo, par. 9, Longanesi 2005), cioè nel suo trascendersi rapportandosi agli enti e comprendendosi nel proprio essere.
  2. Piano Urbanistico Comunale, rimodulazione Marzo 2011, pag. 49.
  3. Tra i molti eventi realizzati negli anni ricordiamo: il percorso formativo “Più in La” nel 2011 (8 incontri mensili di approfondimento su tematiche riferenti al territorio locale); presentazione di libri con l’autore inerenti la tematica dell’immigrazione; eventi musicali come il tributo a Bob Marley, Miriam Makeba e la promozione di gruppi musicali locali formati da immigrati (Kalifoo Music Sistem); incontri sull’agricoltura ecosostenibile e tematiche ambientali; incontri con testimoni del nostro tempo sul tema camorra, legalità, cittadinanza e movimenti di resistenza africani.

la casa del bambino
un diario manifesto a castel volturno

a cura di associazione black and white

testi/esperienza di scrittura collettiva di
filippo mondini, anna amoruso, francesco
di mauro, nunzia serao, fulvio tortora,
antonio bonato

immagini da huck & jim lungo il volturno
di luca dalisi

grafica di l. d.

castel volturno, novembre 2013

ass. di volontariato black and white
via matilde serao, 8
81030 castel volturno (ce)

tel./fax 0823. 851 390
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